Sapendo che ero stata alla Mostra del
Cinema di Venezia, una sera un amico mi ha chiesto com'era Sacro Gra
e poiché a me era piaciuto gliene ho tessuto le lodi. Qualche giorno
dopo mi manda un whatsup dicendomi che non l'ha trovato niente di che. Poiché non è un amico cui tenga
particolarmente non l'ho presa male come quando una persona che ami non condivide il tuo entusiasmo, però sono rimasta ugualmente
molto colpita dal suo giudizio.
Il fatto è che dopo solo 20 minuti di
Sacro Gra già scrivevo su Facebook che avrebbe vinto. E ho tenuto
duro mentre tutto il Lido sembrava tifare per Philomena che io invece
mi ero rifiutata di vedere perché mi sapeva di già visto. Sapete
quei vecchi film, tutti in ordine, sceneggiatura di ferro, storiona,
interpretazioni della madonna, quei film che puoi recensire senza
averli visti, infatti ve lo sto recensendo senza averlo visto? Ecco.
La premonizione su Sacro Gra, in
verità, non è stata particolarmente visionaria. L'ho visto giovedì, ovvero 9
giorni dopo l'inizio del festival, 9 giorni in cui camminavo a testa bassa su e giù per il Lido
chiedendomi chi diavolo mai avrebbe potuto vincere in quel lotto di
film mediocri. Non che Miyazaki sia mediocre, per carità diddio. Ma è sempre
lui e non al massimo della forma [copiate e incollate questa frase
sostituendo il nome di Miyazaki con Garrell, Gilliam e Gitai].
Date queste premesse, è chiaro che già
le prime immagini di Sacro Gra siano venute a me come la Luce e il Verbo.
Perché credo che Sacro Gra sia un film
notevole:
- perché lavora sul rapporto tra fiction e documentario spostando un po' più in là il limite tra i due; Rosi non si fa problema a far ripetere la scena due volte (e si sente che la stanno ripetendo) perché tanto è verità. Lo sa lui che è il regista e, se sospendi l'incredulità come si fa al cinema, lo sai anche tu. Questo è un limite importante che il film scardina. Del resto crediamo davvero che il montaggio dei documentari sia veritiero? Che questi arrivano nella savana e trac beccano subito il leone? No, non ci crediamo per nulla perché siamo spettatori avvertiti. E allora non raccontiamocela. “Facciamo che al pescatore gli faccio rileggere il giornale come quella volta che commentava gli articoli e mi faceva ribaltare dal ridere.” Perché è successo davvero. Ma allora qual è il limite tra doc e fiction? Boh.
- perché mi è piaciuto lo sguardo di Rosi, che è uno sguardo pieno d'amore per i suoi protagonisti. È lo sguardo di uno che da tre anni lavora intorno al Gra e ama quello che sta facendo ma soprattutto è lo sguardo che sarebbe bello avere per tutto quello che ci circonda. Bertolucci ha parlato di “sguardo francescano” e comprendo che cosa intendesse. Non avrei usato una locuzione religiosa, ma Bertolucci può permettersi qualunque cazzo di cosa.
- perché mi è piaciuto lo sguardo di Rosi, che è uno sguardo quasi orientale per il modo in cui non giudica nulla. Non guida lo spettatore nel corso del film e, anzi, lo lascia abbastanza disperso mentre lo sventurato cerca di tirare le fila tra il botanico matto e le chat dell'infermiere. Fila che non ci sono mai ma che noi occidentali cerchiamo sempre, ossessivamente. Invece quello di Rosi è semplicemente lo sguardo di uno che assume la realtà. E in questo senso è assolutamente un documentario. Ma è anche fiction, perché le storie che racconta sono così capricciose che ne intuisci sotto il gesto della scelta. E allora torniamo al punto 1.
- ma se mettiamo insieme il gesto della scelta con il gesto del non giudizio abbiamo una cosa bellissima che è la “scoperta”. Sacro Gra è nelle intenzioni e nei fatti un film che va a scoprire che cosa c'è intorno al Gra, e per me ha centrato perfettamente l'obiettivo. E un film che centra l'obiettivo è un film notevole per definizione.
Quindi, insomma, avevo in testa queste
cose quando ho letto il whatsup del mio amico. E ho pensato... Ho
pensato che in effetti Sacro Gra è un film “colto”. Credo francamente che,
se in concorso ci fosse stato un film di uguale livello ma di
fiction, non avrebbe vinto. E credo che spiazzi proprio
per come affastella storie senza senso, per come si sottrae, per come
rischia sottraendosi. Il documentario dovrebbe essere una cosa rassicurante anche
quando ci racconta realtà inquietanti. Invece la sostanza stessa di
Sacro Gra sfugge dalle mani come una saponetta. Non è un film per
tutti e giuro davanti a dio lo dico senza pretesa di boria. Anzi, mi piacerebbe
molto che piacesse a tutti.
E se proprio non dovesse bastare tutto quello che ho scritto, aggiungo questo:
5. il film di Rosi è fortemente politico: è l'Italia nascosta, quella che lavora o si arrabatta, quella che comunque è bella, insomma siamo noi.
Per il resto, degli incassi non c'è comunque da preoccuparsi: i romani ci andranno tutti e tre i milioni che sono.
E se proprio non dovesse bastare tutto quello che ho scritto, aggiungo questo:
5. il film di Rosi è fortemente politico: è l'Italia nascosta, quella che lavora o si arrabatta, quella che comunque è bella, insomma siamo noi.
Per il resto, degli incassi non c'è comunque da preoccuparsi: i romani ci andranno tutti e tre i milioni che sono.
PS: Non è che tutti i film in concorso
fossero brutti. Quelli che a mio avviso, per ragioni varie, valgono
il biglietto sono: Franco, Allouache, Curren, Dolan, Gitai, Glazer,
Gordon Green, Reichardt e, su tutti, Tsai Ming Liang. Quello di Emma
Dante non l'ho visto.)
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